La fattura elettronica ha un formato ben preciso che include diversi campi per cui bisogna specificare delle informazioni o codici. Le modalità di pagamento ammesse per la fattura elettronica con i relativi codici sono le seguenti:
La legge che istituisce, dal 1° gennaio 2019, l’obbligo di emettere la fatture elettronica si occupa solo della sua emissione ma non del ricevimento.
La fattura elettronica può essere anticipata informalmente al contribuente anche per via cartacea o con un’email. Infatti molti software gestionali prevedono la possibilità di inviare anche per email una sorta di fattura di cortesia.
Il contribuente, così, non ha l’obbligo di collegarsi al sistema Spid per verificare la presenza di fatture elettroniche da pagare. Tuttavia si tratta comunque di copie di cortesia che non hanno alcun valore legale o tributario.
In merito al pagamento della fattura elettronica non è cambiato nulla.
Si può pagare una fattura elettronica in contanti solo a condizione che l’importo non superi 2.999,99 euro. Da 3.000 euro in poi è necessario corrispondere la somma solo con strumenti tracciabili ossia con bonifico bancario, carte di debito (bancomat) o di credito, assegni non trasferibili.
Nessuna soglia è prevista per trasferimenti tracciati, eseguiti tramite banche, Poste italiane ed altri istituti a cui la legge riconosce capacità di memorizzare le transazioni, al fine di favorire l’intercettazione degli illeciti finanziari.
Medesimo discorso vale per i pagamenti rateali, anche se il costo complessivo del bene acquistato o della prestazione ricevuta – e quindi la relativa fattura elettronica – risulta superiore a 3.000 euro. Così, ad esempio, se il dentista emette una fattura elettronica di 4.000 euro per un trattamento in più sedute, in accordo col professionista si potrà versare l’importo in singole rate in contanti, purché ciascuna non superiore a 2.999,99 euro.
Per quanto riguarda i professionisti, sono ammessi più pagamenti in contanti delle fatture elettroniche. Stando infatti al Dipartimento del Mef, non c’è violazione nell’ipotesi di più pagamenti mensili per un’unica prestazione della durata, per esempio, di un anno. L’esempio pratico è degli odontoiatri, che possono svolgere un unico lavoro per un ammontare complessivo di oltre 3.000 euro. In questo caso il professionista potrà ottenere mensilmente il pagamento di una rata senza dover fare ricorso a diversi sistemi di pagamento tracciabili.
Stesso discorso per i contratti con una ditta di ristrutturazioni della casa che emette un’unica fattura alla fine dei lavori, ma di volta in volta viene pagata a SAL (stati di avanzamento lavori): se la singola rata è inferiore a 3.000 euro può essere pagata in contanti; se invece è superiore va versata con strumenti tracciabili.
Allo stesso modo, risulta sempre legittimo pagare acquisti di beni o servizi in parte in contanti ed in parte in assegno purché, in tal caso, il contante sia inferiore alla soglia di 3.000 euro.
Ed ancora i canoni di locazione di un negozio o un’unità abitativa, anche se fatturati dalla società proprietaria con la fattura elettronica, possono essere pagati in contanti fino a 2.999,99 euro. Da 3.000 euro in su con bancomat, carte di credito, assegni, bonifici ecc.
Rimane invece fermo il divieto per il trasferimento in denaro effettuato con più pagamenti inferiori alla citata soglia che appaiono artificiosamente frazionati al solo fine di eludere la legge (si pensi alla fattura di una vendita corrisposta in più pagamenti in contanti).