Senza pretesa di esaustività, si cita qualche provvedimento giurisprudenziale che ha riconosciuto il nesso causale tra somministrazione del vaccino e danni irreversibili al minore.
• Corte di Cassazione, Sezione 6 civile, 1 febbraio 2017, n. 2684. La Corte conferma la sentenza della Corte d’Appello che condannava il ministero della salute a indennizzare una famiglia per i danni da vaccinazione ex lege 210/1992, danni avvenuti 35 anni prima quando il bambino, veniva sottoposto alla somministrazione dei vaccini contro polio, difterite, tetano e morbillo, a seguito dei quali manifestava le prime reazioni avverse che arrivano poi alla diagnosi di “encefalopatia epilettica con grave ritardo psicomotorio e del linguaggio”.
• Corte d’Appello di Milano, 10 novembre 2016, n.1255. La Corte rigetta il ricorso contro la sentenza del Tribunale di Pavia del 14 novembre 2014, n. 127 che riconosceva il nesso causale tra il vaccino somministrato ad una neonata di sei mesi e la grave encefalopatia sviluppata dalla bambina.
• Tribunale di Rimini, 2 luglio 2014, n. 217. Viene nel provvedimento accertato il nesso causale tra epilessia e vaccini e in particolare dichiarato che, nella specie, il minore è stato danneggiato da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni (Antipolio, trivalente MPR, antidifterite, tetano e anti-epatite).
• Tribunale di Pesaro, 11 novembre 2013. Il Tribunale, nella specie, accoglie la domanda della famiglia di un minore affetto da autismo rivolta ad ottenere l’indennizzo di cui alla L. 210/92, riconoscendo il nesso causale sussistente fra la grave patologia sofferta dal bambino e la vaccinazione alla quale era stato sottoposto.
• Tribunale di Pesaro, 1 luglio 2013. Il Tribunale riconosce, l’indennizzo ai sensi della L. 210/92, ad una famiglia per la morte in culla (SIDS) di una bambina in seguito al nesso causale con la somministrazione del vaccino (Esavalente).
• Tribunale di Rieti , 25 settembre 2012, n. 534 . Il Tribunale ha riconosciuto l’esistenza del nesso di causalità tra le vaccinazioni e il diabete di tipo 1 contratto da una bambina, divenuta insulino dipendente, dopo un ciclo vaccinale pressoché completo (ai sensi del calendario vaccinale approvato dal Ministero della Salute) fra vaccinazioni obbligatorie e facoltative.
• Tribunale Rimini, 15 marzo 2012, n. 148. Viene nella specie riconosciuto il nesso di causalità tra la vaccinazione trivalente Morbillo-Parotite-Rosolia, “non obbligatoria ma fortemente incentivata dallo Stato” , e l’autismo di un minore. In particolare il Tribunale specifica che il fatto che la dedotta menomazione permanente della integrità psicofisica sia riconducibile ad una vaccinazione non obbligatoria non puo’ rivelarsi ostativo al riconoscimento dell’indennizzo richiesto.
• Tribunale di Pesaro, sentenza n. 256/2012 (udienza del 4 giugno 2012). Il Tribunale, facendo proprie le conclusioni del CTU, dichiara la sussistenza di un nesso causale fra il ritardo psicomotorio di un bambino e la prima e seconda vaccinazione pediatrica.
• Cassazione Civile, III° Sezione, 27 aprile 2011, n. 9406. La Corte nella specie stabilisce che in tema di responsabilità del Ministero della salute per i danni conseguenti alla vaccinazione obbligatoria contro la poliomielite, la normativa nazionale ha previsto in un primo tempo che tale vaccinazione si svolgesse con il sistema del virus attenuato (Sabin) e, successivamente, con quello del virus inattivato (Salk), essendo stata riconosciuta dalla comunità scientifica internazionale l’astratta pericolosità del primo tipo di vaccino in determinate situazioni. Ne consegue che, ai fini dell’accertamento della responsabilità del Ministero, una volta dimostrato che il danno si sia verificato in conseguenza della vaccinazione col sistema Sabin, il giudice di merito è tenuto a verificare se la pericolosità di quel vaccino fosse o meno nota all’epoca dei fatti e se sussistessero, alla stregua delle conoscenze di quel momento, ragioni di precauzione tali da vietare quel tipo di vaccinazione o da consentirla solo con modalità idonee a limitare i rischi ad essa connessi. (Fattispecie relativa a vaccinazione praticata nel 1981).
• Corte di Cassazione, Sezione 3 civile, 4 marzo 2010, n. 5190. La Corte dichiara che quando in seguito alla vaccinazione il figlio contrae la poliomielite, non solo il piccolo ha diritto al risarcimento del danno – biologico, morale e patrimoniale – ma anche i genitori (singolarmente) devono essere indennizzati in rapporto alla vita di relazione e al dovere di assistenza continua e solidale al minore per il resto della sua vita dolorosa (nella specie si è accertato che il bambino ha contratto la poliomelite in seguito alla somministrazione del relativo vaccino).
• Tribunale di Ascoli Piceno, 10/05/2008, n. 489. Il Tribunale dichiara nella specie sussistente un nesso causale tra vaccino e ritardo psicomotorio (Si trattava di encefalopatia epilettogena post-vaccinica con ridotta integrità psicofisica del soggetto nella misura del 75%.)
• Tribunale di Genova, 24 settembre 2004. Viene accolta la richiesta dei genitori di un bambino, affetto da “patologia neuropsichica cagionata da vaccino”.
Estate tempo di viaggi e di visite alle città d’arte. Cosa fare in caso di necessità fisiologiche se non ci sono bagni pubblici in zona? Se si entra in un bar è possibile andare al bagno senza dover ordinare qualcosa?
Una normativa obbliga gli esercizi pubblici ad avere un bagno, ma non esiste alcuna normativa che obbliga il gestore dell’esercizio pubblico – come nel caso del bar – a metterlo a disposizione dei clienti in maniera gratuita. Insomma, l’accesso alla toilette, in un modo o in un altro, bisogna pagarlo, salvo che l’esercente non dia il suo consenso.
Infatti il proprietario di un bar è tenuto soltanto ad avere un bagno. A norma e funzionante. Altrimenti è passibile di sanzioni. Soprattutto se il cliente ha ordinato e pagato una consumazione ma si sente dire che il bagno non c’è o è fuori uso. In questo caso, l’avventore può chiamare i vigili urbani per una verifica. Se dal controllo emerge che, in effetti, il locale non ha un bagno a disposizione, il proprietario sarà tenuto a pagare la multa.
Quindi il cliente che paga una consumazione può pretendere di utilizzare il bagno. Secondo il Testo Unico delle Leggi sulla Pubblica Sicurezza (Tulps, art. 187) il gestore di un pubblico esercizio non può rifiutarsi di mettere la sua toilette a disposizione di un cliente pagante senza giustificato motivo.
L’art. 187 del Tulps recita: “Salvo quanto dispongono gli articoli 689 e 691 del codice penale, gli esercenti non possono, senza un legittimo motivo, rifiutare le prestazioni del proprio esercizio a chiunque le domandi e ne corrisponda il prezzo”.
Queste le condizioni previste nel Testo per non poter negare un bagno: che chi ne ha bisogno sia un cliente pagante, cioè che abbia preso almeno un caffè o un pacchetto di caramelle, e che non ci sia un giustificato motivo.
Dal momento che la legge costringe il titolare del pubblico esercizio ad avere sempre un bagno a norma e funzionante, l’unico giustificato motivo per impedire ad un cliente di utilizzarlo potrebbe essere che il bagno sia occupato. O che poco prima, ad esempio per un abuso di carta igienica da parte di un precedente utilizzatore, il bagno si sia allagato.
Invece il proprietario del bar non può far pagare una tariffa fissa, una sorta di “tassa-pipì” per andare in bagno senza consumare. Qualche gestore è stato multato perché faceva pagare 1 euro per usare il bagno del bar al cliente che non voleva la consumazione, con la giustificazione che a suo carico sono acqua, pulizia, sapone e carta igienica, ma tale giustificazione non è stata ritenuta valida.
Gli articoli del codice penale richiamati dall’art. 187 del Tulps sopra riportato si riferiscono al legittimo rifiuto da parte dell’esercente di servire bevande alcoliche a soggetti in evidente stato di ubriachezza o infermità o a minori, pena la sospensione dell’esercizio e/o l’arresto.
Rimane la curiosità di appurare perché ai locali pubblici venga imposto di mettere a disposizione dei clienti paganti il proprio bagno ma questo obbligo non valga per Trenitalia: non ci si spiega perché in stazione – sia ferroviaria che metropolitana – dove si è entrati pagando un biglietto – occorra inserire un euro per entrare in bagno!