Il Decreto Legge n. 44 – Misure urgenti per il contenimento dell’epidemia da COVID-19, in materia di vaccinazioni anti SARS-CoV-2, di giustizia e di concorsi pubblici, entrato in vigore il 01/04/2021 purtroppo non è un pesce d’aprile ma una tragica realtà.
Abbiamo scoperto che lo stato può imporre un trattamento sanitario obbligatorio, basato su una terapia genica sperimentale, la cui efficacia è dubbia mentre gli effetti avversi, soprattutto a medio e lungo termine, non sono noti, e certamente esiste già una preoccupante casistica sulle sue conseguenze, anche fatali, a breve termine.
Per il momento sono interessati dal provvedimento gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, parafarmacie e negli studi professionali (art.4, comma 1).
Si tratta di una nuova frontiera nel progressivo annullamento delle nostre libertà fondamentali dove la persona è di fatto spogliata anche del proprio corpo, sul presupposto che essendo di proprietà dello stato può diventare laboratorio di esperimenti medici.
Di fatto il DL ha trasformato i nostri sanitari in cavie di stato, ma nessun’altra categoria di lavoratori può ragionevolmente sentirsi al sicuro.
E’ necessario comprendere l’assoluta gravità di questo ennesimo atto liberticida, che viola la Costituzione, la Dichiarazione di Helsinki, la Convenzione di Oviedo, il Codice di Norimberga, la Normativa sulla privacy, lo Statuto dei lavoratori e la recente Risoluzione 2361 del 27 gennaio 2021 del Consiglio d’Europa, che vieta agli Stati di rendere obbligatoria la vaccinazione anti SARS-CoV-2, e di usarla per discriminare lavoratori o chiunque decida di non avvalersi della vaccinazione.
Il decreto legge n. 44 del 1/4/2021 potrebbe tuttavia non essere convertito in legge, ma è grave che si sia arrivati a concepirne l’elaborazione sulle basi di una politica sanitaria, che con le sue scelte da oltre un anno sta fagocitando ormai tutti i diritti della persona. Di fronte a tale modalità di intervento legislativo si manifestano quindi evidenti profili di violazioni di norme anche di rango costituzionale.
E’ una battaglia di libertà sotto ogni profilo perché questo ennesimo DL impositivo è l’ultimo atto di una serie di abusi che vanno identificati con il loro nome, ma che i più hanno subito passivamente, rendendo di fatto possibile qualunque prepotenza e arbitrio: la mascherina all’aperto, i tamponi senza sintomi, il coprifuoco, la chiusura di locali che avevano adottato protocolli di sicurezza, gli arresti domiciliari delle zone rosse…
Come già rilevato da diversi giuristi, il decreto legge sul vaccino obbligatorio è zeppo di illegittimità costituzionali e, in alcune ipotesi, potrebbe addirittura integrare anche fattispecie di reato per la sua pervasività.
Si stanno quindi elaborando dei ricorsi affinchè si giunga ad un pronunciamento da parte della Corte Costituzionale.
Inoltre prevedendo ai commi 3, 4, 5, 6 dell’art.4 la trasmissione di dati individuali sensibili ai sensi del D. Lgs 51/2018, senza il consenso dell’interessato e al di fuori dell’ambito penale, configura un illecito, a cui si applicano le sanzioni previste dagli articoli 41, 42 e 43 del D.Lgs 51/2018.
L’articolo 41 parla di risarcimento del danno, mentre l’articolo 42 prevede sanzioni amministrative in capo a chi tratta e trasmette tali dati. I soggetti a cui fa riferimento l’art. 42 sono i datori di lavoro e tutti quei funzionari che trasmetteranno i dati per conto del datore di lavoro o dall’ospedale alla ASL. Le relative sanzioni amministrative vanno da 50.000 euro fino a 150.000 euro e sono previste anche sanzioni penali (ex art. 43 D.Lgs 51/2018) fino a tre anni di reclusione.
Consigliamo quindi alle categorie interessate:
• innanzitutto di mantenere la calma, senza cedere alle pressioni psicologiche;
• nell’immediato querelare e presentare esposti al garante della privacy nei confronti di chi trasmetterà i propri dati sensibili;
• alla ricezione dell’invito da parte dell’azienda sanitaria locale di residenza (art.4 comma 5) si può presentare la lettera con la richiesta di vaccinazione e procedere in una delle due modalità:
a) non presentarsi all’appuntamento ed attendere altre eventuali comunicazioni, ripetendo la risposta con la prenotazione della vaccinazione;
b) presentarsi al colloquio con la scheda di richiesta di informazioni sul vaccino. Infatti, trattandosi di una procedura medica, deve sempre essere richiesto il rilascio di un consenso informato.
In ragione del comma 2 dell’art. 4 del DL, è anche possibile agire in modo di attendere maggiori approfondimenti medici, ad esempio esibendo alla richiesta di vaccinazione il certificato redatto da un medico di medicina generale dove vengono prescritti diversi esami di accertamento, quali ad esempio:
o Test Sierologico per accertare la presenza di anticorpi SARS-CoV-2, che potrebbero scatenare una reazione autoimmune in seguito alla vaccinazione;
o Test Anticorpali verso il PEG (polietilenglicole), presente nei vaccini mRNA e principale causa accertata delle reazioni anafilattiche.
Questi consigli sono ancora più importanti soprattutto per coloro che abbiano già sviluppato reazioni avverse alla prima dose del vaccino e non intendano sottoporsi alla seconda.
Da notare infatti che gli effetti collaterali conseguenti alla campagna di vaccinazione anti coronavirus, inclusi i decessi improvvisi, sono stati “brillantemente” risolti nell’articolo 3 del DL che introduce pure un vero e proprio scudo penale per i vaccinatori, sollevandoli da ogni responsabilità.
Di conseguenza, poiché le multinazionali farmaceutiche non risponderanno di eventuali danni, inclusi paresi, disabilità o decessi, in ragione degli accordi siglati dalla Commissione Europea per l’acquisto e distribuzione di vaccini, che sollevano i produttori da ogni responsabilità legale e finanziaria, a pagare per eventuali effetti collaterali gravi sarà lo Stato italiano.
Ovvero tutti i cittadini contribuenti che, di fatto, dopo aver finanziato ed acquistato i vaccini, si devono per giunta assumere la responsabilità, anche risarcitoria, in caso di reazioni avverse.
Particolarmente inquietante è inoltre l’art. 5 del DL, che esautora completamente gli amministratori di sostegno dal prestare consenso alla vaccinazione delle persone in stato di incapacità a loro affidate, avocando questo diritto in capo al direttore sanitario della ASL o della struttura di assistenza o a un suo delegato, dunque bypassando anche eventuali familiari.
Iustitia in Veritate, che nell’analisi di queste problematiche collabora con altri legali e realtà associative, conformemente ai propri intenti di tutela delle persone lese nei propri diritti fondamentali, offre ai suoi associati consulenze legali personalizzate in caso subissero conseguenze in ragione del proprio rifiuto alla vaccinazione e per difendersi contro questa forma impositiva di contrasto al Covid-19.
Nei luoghi di lavoro il suggerimento è di evidenziare situazioni di pressione o di mobbing persuasivi in tale direzione e soprattutto reagire formalmente agli eventuali provvedimenti che, pertanto, vanno contestati.
La situazione è fluida ed è quindi necessario sempre individuare la strategia più adatta ad ogni singolo contesto, ricordando ovviamente che, a fronte di un provvedimento concreto, questo va impugnato.
Milano, 4 aprile 2021 – Santa Pasqua di Resurrezione
Iustitia in Veritate – Corso Venezia 40 – 20121 Milano (MI)
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Di seguito il testo degli articoli 3, 4, 5 del DL 44 del 1/4/2021: Art. 3 Responsabilità penale da somministrazione del vaccino anti SARS-CoV-2 1. Per i fatti di cui agli articoli 589 e 590 del codice penale verificatisi a causa della somministrazione di un vaccino per la prevenzione delle infezioni da SARS-CoV -2, effettuata nel corso della campagna vaccinale straordinaria in attuazione del piano di cui all’articolo 1, comma 457, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, la punibilità è esclusa quando l’uso del vaccino è conforme alle indicazioni contenute nel provvedimento di autorizzazione all’immissione in commercio emesso dalle competenti autorità e alle circolari pubblicate sul sito istituzionale del Ministero della salute relative alle attività di vaccinazione. Art. 4 Disposizioni urgenti in materia di prevenzione del contagio da SARS-CoV-2 mediante previsione di obblighi vaccinali per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario 1. In considerazione della situazione di emergenza epidemiologica da SARS-CoV-2, fino alla completa attuazione del piano di cui all’articolo 1, comma 457, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, e comunque non oltre il 31 dicembre 2021, al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura e assistenza, gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, parafarmacie e negli studi professionali
sono obbligati a sottoporsi a vaccinazione gratuita per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2. La vaccinazione costituisce requisito essenziale per l’esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative rese dai soggetti obbligati. La vaccinazione è somministrata nel rispetto delle indicazioni fornite dalle regioni, dalle province autonome e dalle altre autorità sanitarie competenti, in conformità alle previsioni contenute nel piano. 2. Solo in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale, la vaccinazione di cui al comma 1 non è obbligatoria e può essere omessa o differita. 3. Entro cinque giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ciascun Ordine professionale territoriale competente trasmette l’elenco degli iscritti, con l’indicazione del luogo di rispettiva residenza, alla regione o alla provincia autonoma in cui ha sede. Entro il medesimo termine i datori di lavoro degli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie, socio-assistenziali, pubbliche o private, nelle farmacie, parafarmacie e negli studi professionali trasmettono l’elenco dei propri dipendenti con tale qualifica, con l’indicazione del luogo di rispettiva residenza, alla regione o alla provincia autonoma nel cui territorio operano. 4. Entro dieci giorni dalla data di ricezione degli elenchi di cui al comma 3, le regioni e le province autonome, per il tramite dei servizi informativi vaccinali, verificano lo stato vaccinale di ciascuno dei soggetti rientranti negli elenchi. Quando dai sistemi informativi vaccinali a disposizione della regione e della provincia autonoma non risulta l’effettuazione della vaccinazione anti SARS-CoV-2 o la presentazione della richiesta di vaccinazione nelle modalità stabilite nell’ambito della campagna vaccinale in atto, la regione o la provincia autonoma, nel rispetto delle disposizioni in materia di protezione dei dati personali, segnala immediatamente all’azienda sanitaria locale di residenza i nominativi dei soggetti che non risultano vaccinati. 5. Ricevuta la segnalazione di cui al comma 4, l’azienda sanitaria locale di residenza invita l’interessato a produrre, entro cinque giorni dalla ricezione dell’invito, la documentazione comprovante l’effettuazione della vaccinazione, l’omissione o il differimento della stessa ai sensi del comma 2, ovvero la presentazione della richiesta di vaccinazione o l’insussistenza dei presupposti per l’obbligo vaccinale di cui al comma 1. In caso di mancata presentazione della documentazione di cui al primo periodo, l’azienda sanitaria locale, successivamente alla scadenza del predetto termine di cinque giorni, senza ritardo, invita formalmente l’interessato a sottoporsi alla somministrazione del vaccino anti SARS-CoV-2, indicando le modalità e i termini entro i quali adempiere all’obbligo di cui al comma 1. In caso di presentazione di documentazione attestante la richiesta di vaccinazione, l’azienda sanitaria locale invita l’interessato a trasmettere immediatamente e comunque non oltre tre giorni dalla somministrazione, la certificazione attestante l’adempimento all’obbligo vaccinale. 6. Decorsi i termini di cui al comma 5, l’azienda sanitaria locale competente accerta l’inosservanza dell’obbligo vaccinale e, previa acquisizione delle ulteriori eventuali informazioni presso le autorità competenti, ne dà immediata comunicazione scritta all’interessato, al datore di lavoro e all’Ordine professionale di appartenenza. L’adozione dell’atto di accertamento da parte dell’azienda sanitaria locale determina la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2. 7. La sospensione di cui al comma 6, è comunicata immediatamente all’interessato dall’Ordine professionale di appartenenza.
8. Ricevuta la comunicazione di cui al comma 6, il datore di lavoro adibisce il lavoratore, ove possibile, a mansioni, anche inferiori, diverse da quelle indicate al comma 6, con il trattamento corrispondente alle mansioni esercitate, e che, comunque, non implicano rischi di diffusione del contagio. Quando l’assegnazione a mansioni diverse non è possibile, per il periodo di sospensione di cui al comma 9, non è dovuta la retribuzione, altro compenso o emolumento, comunque denominato.
9. La sospensione di cui al comma 6 mantiene efficacia fino all’assolvimento dell’obbligo vaccinale o, in mancanza, fino al completamento del piano vaccinale nazionale e comunque non oltre il 31 dicembre 2021. 10. Salvo in ogni caso il disposto dell’articolo 26, commi 2 e 2-bis, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, per il periodo in cui la vaccinazione di cui al comma 1 è omessa o differita e comunque non oltre il 31 dicembre 2021, il datore di lavoro adibisce i soggetti di cui al comma 2 a mansioni anche diverse, senza decurtazione della retribuzione, in modo da evitare il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2. 11. Per il medesimo periodo di cui al comma 10, al fine di contenere il rischio di contagio, nell’esercizio dell’attività libero-professionale, i soggetti di cui al comma 2 adottano le misure di prevenzione igienico-sanitarie indicate dallo specifico protocollo di sicurezza adottato con decreto del Ministro della salute, di concerto con i Ministri della giustizia e del lavoro e delle politiche sociali, entro venti giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. 12. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Art. 5 Manifestazione del consenso al trattamento sanitario del vaccino anti SARS-CoV-2 per i soggetti che versino in condizioni di incapacità naturale 1. All’articolo 1-quinquies del decreto legge 18 dicembre 2020, n. 172, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 gennaio 2021, n. 6, sono apportate le seguenti modificazioni: a) nella rubrica, le parole «ricoverati presso strutture sanitarie assistenziali» sono soppresse; b) dopo il comma 2, è inserito il seguente: «2-bis. Quando la persona in stato di incapacità naturale non è ricoverata presso strutture sanitarie assistenziali o presso analoghe strutture, comunque denominate, le funzioni di amministratore di sostegno, al solo fine della prestazione del consenso di cui al comma 1, sono svolte dal direttore sanitario della ASL di assistenza o da un suo delegato.»; c) al comma 3, le parole «individuato ai sensi dei commi 1 e 2» sono sostituite dalle seguenti: «individuato ai sensi dei commi 1, 2 e 2-bis» e, dopo la parola «ricoverata», sono inserite le seguenti: «o della persona non ricoverata di cui al comma 2-bis»; d) al comma 5, le parole «presupposti di cui ai commi 1, 2 e 3» sono sostituite dalle seguenti: «presupposti di cui ai commi 1, 2, 2-bis e 3» e, dopo le parole «dalla direzione della struttura in cui l’interessato è ricoverato», sono aggiunte le seguenti: «o, per coloro che non siano ricoverati in strutture sanitarie assistenziali o altre strutture, dal direttore sanitario dell’ASL di assistenza»; e) al comma 7, primo periodo, le parole «ai sensi del comma 2, a mezzo di posta elettronica certificata, presso la struttura dove la persona è ricoverata», sono sostituite dalle seguenti: «ai sensi dei commi 2 e 2-bis, a mezzo di posta elettronica certificata, presso la struttura dove la persona è ricoverata ovvero, nel caso di persona non ricoverata ai sensi del comma 2-bis, presso l’ASL di assistenza».