E’ uscito anche nelle librerie il libro “Mors tua via mea – Il fine non giustifica i mezzi”, a cura di Massimo Viglione e prefazione di Mons. Carlo Maria Viganò.
Il libro verte sulla illiceità morale dei vaccini che utilizzano linee cellulari di feti vittime di aborto volontario.
E’ una raccolta di venti contributi scritti da alti ecclesiastici – un arcivescovo e un vescovo – prelati, docenti universitari, filosofi, medici, giuristi, storici, esperti del settore e militanti per la difesa della Vita umana dal concepimento alla morte naturale senza alcun compromesso ideologico e pratico.
Gli autori sono: Mons. Athanasius Schneider, Don Curzio Nitoglia, Dom Giulio Meattini (OSB), Massimo Viglione, John-Henry Westen, Giovanni Turco, Clara Ferranti, Gianfranco Amato, Paolo Gulisano, Pilar Calva Mercado, Wanda Massa, Cristiano Lugli, Daniele Trabucco, Francesco Lamendola, Marilena Maioli.
Quando mi hanno chiesto di partecipare a questa raccolta non me ne sentivo degna. Il sentimento tutt’ora permane. Ma mi sono convinta a dare il mio piccolissimo contributo, in qualità di giurista e soprattutto di madre di un danneggiato da vaccino, affinché qualcuno leggendo rifletta circa i possibili rischi dei vaccini e soprattutto ponderi i devastanti danni di cui paghiamo tutt’ora le tragiche conseguenze.
Il tema sviluppato nell’intero libro è molto specifico ma di grande attualità e di decisiva importanza morale. E’ un tema che ha diviso profondamente il mondo cattolico, soprattutto nei settori più conservatori e tradizionali. Pertanto, con questa opera collettanea, si vuole fornire una risposta chiara, inequivoca, ragionata e documentata al problema morale posto, che si inquadra nello specifico della cooperazione remota al male.
Come è naturale che sia, ogni autore, nei propri contributi e secondo le proprie competenze, ha affrontato anche le tematiche precipue del proprio settore. Ma insieme non risulta mai astratto dalla realtà dell’attualità politica e socio-economica nella quale ci troviamo a vivere da febbraio 2020, alla quale alcuni autori hanno dedicato specifica attenzione.
Il quadro che ne esce è sicuramente approfondito e ricco di spunti di riflessione e chiarimenti utili alla comprensione tanto del problema morale posto che della drammatica situazione attuale.
DOMANDA: IL DATORE DI LAVORO PUÒ SAPERE SE I DIPENDENTI SONO VACCINATI?
RISPOSTA: NO.
Il Garante Privacy è intervenuto tramite lo strumento delle FAQ per chiarire gli aspetti di protezione dei dati nell’ambito dell’attività lavorativa con riferimento alle vaccinazioni anti Covid-19 ma estendibile a tutte le vaccinazioni. Nello specifico il Garante ha precisato che:1. Il datore di lavoro NON può chiedere conferma ai propri dipendenti dell’avvenuta vaccinazione e non può chiedere ai dipendenti di fornire informazioni sul proprio stato vaccinale.2. Il datore di lavoro NON può chiedere di fornire copia di documenti che comprovino l’avvenuta vaccinazione anti Covid-19 o qualsiasi altra vaccinazione e neppure con l’eventuale consenso del dipendente: il Considerando 43 del Reg. UE 679/2016 (GDPR) ritiene infatti la base giuridica del consenso inopportuna quando sussiste uno squilibrio del rapporto tra titolare e interessato, come appunto nel contesto lavorativo.3. Il datore di lavoro NON può chiedere al medico competente i nominativi dei dipendenti vaccinati e la circostanza che un dipendente sia vaccinato o meno è un dato relativo alla salute, che come tale può essere trattato solo dal medico competente nell’ambito della sorveglianza sanitaria e in sede di verifica dell’idoneità alla mansione specifica come previsto dalle norme che disciplinano.Al contrario, il datore di lavoro può invece acquisire i giudizi di idoneità alla mansione specifica e le eventuali prescrizioni e/o limitazioni in essi riportati che, normativa vigente, sono validi unicamente per alcune professioni. Portiamo come esempio l’antitetanica per gli operatori agricoli e il vaccino anti covid-19 per il personale sanitario.